L’anniversario della morte di fratel Carlo Carretto (Spello, eremo di San Girolamo, 4 ottobre 1988), avvenuta proprio nel giorno di san Francesco di cui era un appassionato biografo, ci offre ancora una volta uno spaccato dell’umano che cerca Dio, pur negli inevitabili bassifondi della storia a cui assistiamo ogni giorno.
Dal libro di Carlo Carretto, Io, Francesco (Ave, 2025)
Se vi ho detto di non parlare troppo di povertà oggi data l’ambiguità in cui vivete e la difficoltà a spiegarvi circondati come siete da culture borghesi e socialiste, vi dico invece con forza: parlate della non violenza, siate apostoli della non violenza, diventate dei non violenti.
È veramente l’ora, e potrebbe essere anche l’ultima, dato che siete su un deposito di bombe e che potete saltare in aria da un momento all’altro. Non sottovalutate il pericolo: io ho netta la sensazione che prima della fine del secolo dobbiate soffrire parecchio. È meglio prepararvi ed è meglio ancora sperare nella conversione degli uomini. Anche Ninive si convertì e fu salva.
Statemi a sentire.
Il discorso della non violenza è oggi recepito da tutti: è chiaro, semplice, e potreste veramente con la sua dinamica cambiare la faccia della terra. Parlate molto oggi di diritti dell’uomo ed è giusto. Il primo diritto dell’uomo è di non essere violentato da nessuno, di essere lasciato in pace. Il discorso è di un’ampiezza biblica e dovete viverlo fino in fondo.
Intanto diciamo subito che incomincia da lontano, molto lontano.
La non violenza riguarda innanzitutto la natura, i cieli, i mari, le miniere, i boschi, l’aria, l’acqua, la casa.

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Il lupo di Gubbio non è una storiella per far addormentare i bimbi, è la verità più straordinaria per salvare gli uomini, specie oggi che sono sistemati tutti quanti su un immenso deposito di bombe atomiche. Ogni uomo ha nell’altro uomo l’immagine del lupo. Se davanti a lui si fa prendere dalla paura e perde la calma, tutto è finito: non resta che sparare.
Perciò il vostro pericolo non è la cattiveria degli americani o dei russi. Il vostro pericolo è la paura degli uni per gli altri. Conosco abbastanza i russi e gli americani per pensare che non hanno nessuna voglia di fare una ecatombe. Ma conosco abbastanza l’uomo e so che se è preso dalla paura tenterà di schiacciare il bottone della distruzione per paura che sia l’altro a schiacciarlo per primo.
Ora che l’uomo col suo ingegno è giunto ad avere ciò che desiderava e che con la tecnica ha tolto il limite in cui si trovava prima, è affiorata la verità, l’unica verità: il male, la violenza stanno nella paura dell’altro.
Se l’uomo farà la guerra è perché ha paura di qualcuno. Togliete la paura, ristabilite la fiducia e avrete la pace. La non violenza sta nella distruzione della paura. Ecco perché vi dico ancora, io Francesco: imparate a vincere la paura come ho fatto io quella mattina andando incontro al lupo con un sorriso.
Vincendo me, ho vinto lui.
Domando i miei cattivi istinti ho domato i suoi, sforzandomi di avere fiducia in lui ho trovato che lui aveva fiducia in me. Il mio coraggio aveva stabilito la pace.
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Il resto lo potete dedurre da soli. Pensate soltanto a cosa può capitare se gli immensi capitali usati a difendervi dalla paura, un giorno, divenuti non violenti, li userete per aiutare coloro di cui avete oggi paura. Quando i vostri giovani, che oggi intristiscono nella disoccupazione o nella droga, troveranno nell’impegno di percorrere i paesi del Terzo Mondo la loro gioia e la loro vocazione, non soltanto avrete risolto i problemi degli altri ma avrete risolto i vostri.
Conoscerete allora la pace. È troppo sperarlo? Chissà che qualcuno non mi ascolti!
Io, Francesco d’Assisi, gli dico: coraggio!