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«L’Italia onori l’art. 11 della Costituzione»

«Istituire un ministero della Pace. Rafforzare il diritto internazionale»: intervista al presidente Notarstefano
8 giugno 2025 di Giuseppe Notarstefano
«L’Italia onori l’art. 11 della Costituzione» cover image


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Questo articolo proviene dal quotidiano Avvenire

Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana, tra venerdì e ieri i partiti di opposizione, seppur divisi, sono scesi in piazza a Roma e Milano per manifestare contro la guerra a Gaza. L’Ac dove si posiziona nei confronti del governo Netanyahu?

Noi ci posizioniamo dalla parte delle vittime innocenti del conflitto. Quella a cui stiamo assistendo è una nuova strage degli innocenti, a Gaza è messo a dura prova anche il senso di pietà più naturale. La forza distruttiva di questa guerra insensata, che non si combatte tra due eserciti ma solo sui civili, dovrebbe suggerire a chi governa in Israele che non si può più fare finta di niente. Per fortuna il dissenso, anche interno, sta crescendo. Occorre un cessate il fuoco, con la riapertura totale dei valichi per far entrare gli aiuti umanitari, e la garanzia per le persone di poter accedere ai beni di prima necessità in sicurezza.

Pochi giorni fa papa Leone XIV ha avuto un colloquio con il presidente Vladimir Putin. Che messaggi sta mandando il Pontefice alla Chiesa e ai cattolici?

Esprimiamo grande gratitudine per papa Leone e per la forza delle parole che ha utilizzato sin da subito. Per la Chiesa la pace è un dono di Dio, per il quale bisogna esser disposti a lavorare. Questi sforzi diplomatici per la pace, accompagnati anche da sobrietà e delicatezza, sono un segnale importante. Il Santo Padre ha sottolineato che bisogna fare in modo che i nemici si siedano a un tavolo, e la sua non è una considerazione di superficie. Credo che il messaggio per i credenti sia chiaro: non stancarsi di cercare mediazioni e di accettare questo tempo come un’ulteriore provocazione a lavorare insieme per la pace.

L’Ac si sta facendo promotrice di aggregazione tra le associazioni laicali su alcune proposte politiche al governo italiano. Tra queste c’è il “ministero della Pace” che verrà ripresentato in un convegno il prossimo 24 giugno. È realistico pensarci?

L’idea del ministero, nata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, è quella di un luogo istituzionale che rilanci la capacità dell’Italia di dare attuazione all’articolo 11 della Costituzione. Il ministero è una provocazione, ma al cuore c’è una intuizione importante: l’idea che ci possa essere nelle istituzioni un luogo amministrativo in cui convergono processi che riguardano aspetti formativi e di prevenzione, e attenzioni operative che permettano all’Italia di affermarsi come soggetto che promuove la pace e rinuncia alla guerra. La politica del disarmo ha bisogno di essere elaborata in maniera intelligente e con strumenti concreti, così come c’è bisogno di un luogo istituzionale che rilanci il tema dell’importanza degli organismi internazionali.

Nelle stesse ore in cui chiederete il ministero della Pace si terrà il vertice dei leader Nato sull’aumento della spesa per la difesa. Nella situazione attuale è ancora possibile parlare di disarmo?

La guerra è diventata il settore che più di tutti genera elevati profitti in tempi brevi. Esattamente ciò che la finanza vuole. Io credo che il tema del disarmo non vada messo in ombra, ma in questo momento quello che la politica deve fare è recuperare una visione positiva del tema della difesa comune, che riguarda, per esempio, anche le ricerche in ambito tecnologico. Questo lo dico anche agli amici con cui condividiamo tanti fronti pacifisti. Ci vuole grande intelligenza nel giudicare i casi, ma la guerra è sempre e comunque una sconfitta.

Stasera al convegno internazionale “Pax et Bonum” organizzato dall’Ac, e alla successiva fiaccolata che si svolgerà tra via della Conciliazione e Castel Sant’Angelo, si proverà a definire una proposta concreta di via per la pace attraverso il diritto internazionale. Quali sono le richieste per i governanti?

La volontà è quella di ragionare sulle questioni che riguardano la regolazione delle grandi questioni sociali ed economiche con una logica globale. Il diritto internazionale nella sua complessità è la via che ci permette di definire regole e prassi comuni. Tutti gli studiosi intervenuti hanno chiesto un rafforzamento degli strumenti e delle regole. È mancata in questi anni, ad esempio, la voce dell’Onu, bloccata da tutto il sistema di veti incrociati che è ancora erede di Yalta. Vorremmo dare alcuni strumenti alla politica che passano per il rafforzamento e la riforma delle istituzioni internazionali.

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