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I giovani hanno fame di senso e il Papa lo sa

Una lettura di “Disegnare nuove mappe di speranza”, la lettera apostolica di Leone XIV sull’educazione
29 ottobre 2025 di Lorenzo Zardi
I giovani hanno fame di senso e il Papa lo sa cover image


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Questo articolo proviene dal quotidiano Avvenire

Tra le parole che tornano più spesso nella lettera apostolica di papa Leone XIV Disegnare nuove mappe di speranza c’è “costellazione”. È una parola che rimanda alle stelle e, insieme, al bisogno di orientarsi. Non solo un’immagine poetica, ma un richiamo a radicare ogni impegno educativo in una vita interiore capace di alzare lo sguardo. Perché l’educazione cristiana, nella lettera che ci consegna il Papa, non è mai un percorso solitario: è un cammino condiviso, fatto di incontri e relazioni che si alimentano reciprocamente perché riconoscono nella pluralità l’espressione della vivacità dello Spirito e nell’unità la sua forza più profetica.

In un tempo che misura tutto in termini di competenze, curriculum e risultati, Leone XIV ci consegna un’idea di educazione che libera dall’ansia della prestazione e ci avvia alla logica dell’alleanza. Ci ricorda, infatti, che la riuscita di un atto educativo non si valuta con parametri di efficienza, ma con la sua capacità di servire il bene comune e di generare speranza. È una chiamata a spostare lo sguardo: dall’efficacia all’autenticità, dal risultato alla relazione, dalla corsa al successo al tempo donato.

«Educare è un atto di speranza» scrive Leone XIV, perché è un impegno a scommettere sul futuro. Per praticare l’educare, però, occorre riconsegnare a chi educa il diritto e il dovere di fermarsi, di respirare, di lasciare che l’Amore prenda forma nell’azione educativa. Perché a chi educa non è chiesto di fare miracoli, ma di mettersi in gioco con sincerità, condividendo il proprio bisogno di incontrare Cristo.

Occorrono «meno cattedre e più tavole dove sedersi insieme», scrive Leone XIV, e l’immagine che sceglie, colpisce nella sua semplicità perché rimanda a un contesto nel quale noi giovani ci troviamo a nostro agio. Perché noi giovani alla tavola della ricerca della verità vogliamo sederci insieme – giovani e adulti, educatori ed educandi – senza troppe gerarchie.

Questo non perché abbiamo la pretesa di abbandonare l’asimmetria educativa, ma perché pensiamo sia liberante riconoscere che partiamo tutti dalla stessa premessa: abbiamo fame e sete di senso, fame e sete di Dio. L’educazione cristiana, in fondo, nasce da qui: dal condividere il pane e la parola, dal camminare insieme nella ricerca della verità. È un’educazione che restituisce libertà e umanità, all’educando e all’educatore, che non si accontenta di formare persone dai curriculum brillanti ma desidera far fiorire cuori capaci di amare.

Questa lettera si rivolge con forza a tutti coloro che si impegnano con i giovani perché non chiede di tornare indietro, ma di abitare il cambiamento con discernimento. «I giovani chiedono profondità» ma «servono spazi di silenzio, di discernimento, di dialogo con Dio», scrive il Papa. Provo gratitudine per il Pontefice che con le sue parole continua a scardinare l’immagine di una generazione distratta: la fame di senso c’è, anche se spesso non trova luoghi che la nutrano. L’educazione, allora, lungi dall’essere un compito per specialisti, è un’arte comunitaria che viene anche oggi affidata alle nostre comunità cristiane. Siamo chiamati a custodire la promessa che ogni persona porta dentro di sé, di aiutare ciascuno a «guardare il cielo e contare le stelle», come Dio chiese ad Abramo.

Ogni ragazzo che cerca la propria strada ha bisogno di qualcuno che gli dica: «Non sei solo». E ogni comunità educativa è chiamata a essere quella costellazione di volti e di storie che, intrecciandosi, indicano nel Signore la strada. In un mondo che tende a dividere e a isolare, educare significa continuare a disegnare insieme nuove mappe di speranza: perché il Vangelo fa «nuove tutte le cose», là dove «le comunità educative si lasciano guidare dalla parola di Cristo».

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