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Un atto di giustizia riparatoria

Remissione debito ecologico, nota del Dicastero per i servizio dello sviluppo umano integrale

Un atto di giustizia riparatoria

Remissione debito ecologico, nota del Dicastero per i servizio dello sviluppo umano integrale
8 luglio 2025 di Gianni Di Santo | No comments yet

Giubileo 2025: remissione del debito ecologico: si intitola così la nota tematica sulla remissione del debito ecologico, pubblicata lo scorso 24 giugno dal Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, quale obiettivo da cui ripartire in questo anno di speranza giubilare.

Nel documento si spiega come il debito finanziario e quello ecologico rappresentino oggi due facce della stessa medaglia. Se da una parte, infatti, sui Paesi in via di sviluppo grava oggi un debito economico che ha radici lontane, questi soffrono anche le conseguenze più gravi della crisi climatica, pur non essendone tra i maggiori responsabili.

Ma cosa si intende per remissione del debito ecologico? 

La nota evidenzia come le economie più industrializzate siano le principali artefici della crisi climatica, anche per via dello sfruttamento delle risorse naturali dei Paesi più poveri, che cumulano crisi economica e crisi ambientale. Ecco perché il condono del debito finanziario che grava sui Paesi più poveri non dovrebbe essere visto solo come un gesto di solidarietà e generosità, bensì come un gesto di giustizia riparatoria. 

Sulla spinta del Giubileo della Speranza e ispirata dalle parole di papa Leone XIV, la Chiesa rinnova il suo impegno pastorale per la giustizia ecologica, sociale e ambientale. Per questo il documento – che si è avvalso dell’analisi congiunta di Cafod – Catholic international development charity, The Jesuit Justice and Ecology Network – Africa (Jena) e Deloitte, che ha portato alla pubblicazione del documento Bridging the North–South Divide: A Shared Responsibility for Economic and Ecological Justiceinvita, invita le Chiese particolari a favorire, nei diversi contesti sociali, una conversione ecologica integrale personale e comunitaria.

Debito: una narrazione sbagliata

Tradizionalmente – spiega il documento – il termine “debito” è stato associato alla situazione finanziaria di molti dei Paesi in via di sviluppo indebitati nei confronti delle economie industrializzate. Tuttavia, questa narrazione trascura un aspetto fondamentale: nel corso della storia, da una parte, i Paesi più industrializzati sono stati responsabili della quota maggiore di emissioni di gas serra, che ha contribuito al fenomeno del riscaldamento globale, dall’altra hanno costruito la propria prosperità anche attraverso lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali presenti nei territori dei Paesi in via di sviluppo.

«Proprio questo squilibrio ha portato molti a ritenere che i Paesi in via di sviluppo vantino, nei confronti dei Paesi più industrializzati, un vero e proprio credito ecologico, che dovrebbe almeno in parte compensare il debito finanziario da cui sono gravati».

Due facce della stessa medaglia

Il debito finanziario e quello ecologico rappresentano oggi due dimensioni profondamente intrecciate, al punto che sono «due facce della stessa medaglia che ipotecano futuro». 

Secondo i dati dell’Unctad, spiega la nota, tra il 2004 e il 2023 il debito pubblico dei Paesi in via di sviluppo è quadruplicato, passando da 2.600 a 11.400 miliardi di dollari. Parallelamente, si è accumulato un “debito ecologico” complesso e difficile da quantificare, e che varia in modo significativo tra i singoli Paesi. Quasi l’80% delle emissioni cumulative storiche da combustibili fossili e da cambiamenti nell’uso del suolo proviene dai Paesi del G20, con i contributi maggiori da parte di Cina, Stati Uniti d’America e Unione Europea, mentre i Paesi meno sviluppati hanno contribuito per il 4%4.

«Questo dato evidenzia una profonda disuguaglianza nella distribuzione sia delle cause sia degli effetti del cambiamento climatico. Da qui l’appello più volte reiterato dalla Santa Sede che sarebbe giusto individuare modalità adeguate per rimettere i debiti finanziari che pesano su diversi popoli anche alla luce del debito ecologico nei loro riguardi».

L’impegno della Chiesa

L’impegno della Chiesa per il riconoscimento del debito ecologico si traduce così in un invito concreto a costruire una nuova alleanza tra i popoli, fondata su regole economiche profondamente riformate e su un modello di sviluppo umano integrale realmente sostenibile, capace di coniugare cura del creato, giustizia ambientale e promozione della pace. Una nuova alleanza che parli di promozione e condivisione del bene comune, responsabilità sugli stili di vita e i modelli di produzione e consumo, giustizia sociale, solidarietà, sussidiarietà, partecipazione, equità intra e inter-generazionale, salvaguardia e cura del creato, prudenza e precauzione, destinazione universale dei beni e dei frutti dell’attività umana.

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