Sì, fa caldo. Ma che vuoi che sia? C’è chi dice che si potrebbe andare al mare, rinfrescarsi un po’. Certo, sempre che tu abbia avuto la brillante idea di nascere evasore fiscale, ereditiero o influencer con 300mila follower. Per tutti gli altri, quelli che vivono di busta paga (sempre più leggera), il mare resta lì, all’orizzonte. Un miraggio. Bellissimo, ma lontano. Come uno stipendio decente.
Eppure, che problema c’è? L’Italia è in salute! Lo dice anche l’ultimo rapporto Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico con sede a Parigi. L’occupazione cresce! Certo, i salari reali scendono del 7,5% rispetto al 2021, ma sono dettagli da tecnocrati. In compenso, siamo sempre più occupati. Anzi, non solo occupati: impegnatissimi! Soprattutto gli over 60, che invece di godersi un po’ di riposo, tornano al lavoro, magari col sorriso tirato, magari con le ginocchia che scricchiolano, ma tornano. Perché in fondo, la pensione è come l’unicorno: tutti ne parlano, nessuno l’ha mai vista davvero.
E così, si lavora sempre di più, per guadagnare sempre di meno. È il miracolo italiano: si chiama “lavoro povero”, ma fa ricchi altri. E non importa se l’inflazione ha svuotato il carrello della spesa, se l’affitto pesa come un mutuo in Svizzera e se un panino in spiaggia costa come un biglietto per la Scala. Ci pensano i dati a rassicurarci: “occupazione da record”, dicono. Già, perché il lavoro non è più un diritto, è diventato un feticcio. Ce l’hai? Bravo. Come lo pagano? Non chiedere troppo.
E se qualcuno osa lamentarsi, ecco l’esperto di turno a spiegarti che la colpa è della bassa produttività. Ah! Non lavoriamo abbastanza! Non siamo abbastanza smart, abbastanza digitali, abbastanza formati. La soluzione? La “formazione continua”. Che poi è come dire che se ti manca lo stipendio, la colpa è che non hai fatto abbastanza corsi su Zoom. Ma se uno guadagna 1.200 euro al mese da dieci anni, magari non è perché non ha fatto il master giusto, ma perché il sistema è costruito per sfruttarlo. Però guai a dirlo.
Del resto, anche le imprese hanno i loro problemi. Ce lo ricorda il presidente del Cnel: molte hanno preferito assumere lavoratori piuttosto che investire in tecnologie. Perché il capitale – quello vero, quello che rende – costa. Mentre il lavoro umano, alla fine, si trova. Basta abbassare le pretese (dei lavoratori, s’intende). Così, mentre altrove si innova, qui si sopravvive. E il risultato è una produttività che arranca, una crescita che zoppica, e una generazione che fa i conti col presente mentre il futuro si allontana.
Nel frattempo, l’Ocse lancia l’allarme: entro il 2060 calerà la popolazione in età lavorativa, aumenteranno le spese per pensioni e sanità, serviranno più donne, più giovani e più anziani nel mercato del lavoro. In pratica: tutti dentro, nessuno fuori. Si lavora a oltranza, si produce finché c’è fiato, poi magari – se resta tempo – si vive anche un po’.
Insomma, tutto bene, madama la marchesa. L’orchestra continua a suonare mentre la nave affonda. Ci dicono che bisogna stringere la cinghia. Che la colpa è dell’energia, dell’Ucraina, della pandemia, del sole a picco, dell’IA, dei robot, dei nonni che non mollano. Di tutto, tranne che delle scelte politiche. Perché, si sa, in Italia tutto cambia per non cambiare mai.
E noi? Noi si va avanti. Si ride per non piangere, si vota sperando, si lavora per arrivare a fine mese, e poi si fa il bagno nel lavandino, che tanto il mare ce lo guardiamo su Instagram.