C’è una parola che durante il Giubileo dei giovani ha risuonato più di altre tra le strade di Roma, affollate, invase, rallegrate dai giovani pellegrini in festa: la speranza. È una parola non facile da perseguire in questo nostro tempo, che però accende una luce in un paesaggio buio, riempie di ossigeno i polmoni. Come giovani di Ac, ci siamo lasciati interrogare dalla speranza, e abbiamo riflettuto su come si possa declinare nelle dimensioni di vita dei giovani. Questa riflessione ha gettato i primi semi negli articoli che i consiglieri e i membri di equipe nazionale del settore hanno elaborato per l’AgenSir ed ha trovato fioritura nella proposta dell’Ac durante il Giubileo dei giovani.
Una speranza da costruire insieme, una speranza come antidoto alla perdita di immaginazione, una speranza come possibilità di riscatto. Questi i primi tre spunti offerti dai protagonisti del dialogo dal titolo Hope on air: giovani costruttori di speranza guidato da Amerigo Vecchiarelli, direttore di Agensir, il 30 luglio, nella piazza antistante la Chiesa Nuova di Santa Maria in Vallicella. Veronika Diakovych, portavoce delle associazioni giovanili in Ucraina, Lorenzo Zardi, vicepresidente nazionale di Azione Cattolica per il settore giovani e Alberto Mochi Onori, Presidente della Cooperativa Gustolibero, attiva nel carcere minorile di Casal del Marmo e Direttore di Pastificio Futuro: i tre ospiti hanno tracciato pennellate di esperienze molto diverse tra loro, eppure tutte complici nel dare forma al variegato dipinto della speranza, consegnando ai tanti giovani presenti nuovi e generativi punti di vista.
Un primo tocco di colore si staglia sullo sfondo grigio del conflitto in Ucraina grazie alle parole e alla testimonianza di Veronika Diakovych, condividendo immagini di coraggio, dono di speranza viva, anche e soprattutto in una realtà segnata da morte e dolore: «perché quando ci svegliamo e vediamo attacchi che si ripetono uno dietro l’altro, è necessario avere qualcosa che ci tenga svegli». Una testimonianza della forza di r-esistere in un tempo e in un luogo dove è difficile guardare al futuro, dove, tra le fatiche, la speranza trova nuove strade: «speranza nasce da questa volontà di esistere, di agire, di rimanere in piedi, di condividere con gli altri affinché ci si aiuti a sentire il futuro».
La sensazione di trovarsi di fronte a un avvenire dai contorni incerti accomuna i giovani tutti, ed è stata ben delineata dalle parole di Lorenzo Zardi: «una volta il futuro era il tempo a cui si guardava con la maggior speranza, c’erano i sogni, i progetti. Oggi noi, come giovani, viviamo il tempo dell’ansia, schiacciati dalle preoccupazioni, dalla pressione che sentiamo sulle nostre spalle». Davanti a noi, come uno scrigno dalle mille possibilità, si staglia imponente il futuro, che però ci paralizza; è un tempo che richiede risposte per le domande rimandate troppo a lungo, risposte che dovrebbero contribuire a costruire, tassello dopo tassello, la versione migliore di noi stessi. Quest’impresa ci coglie come costruttori impreparati, imbalsamati nella paura: tra le mani tutti gli strumenti possibili e nel cuore la fatica di sceglierne alcuni ed escluderne altri. Un antidoto può radicarsi nella dimensione comunitaria? Siamo convinti che la speranza non cresca nell’isolamento e che, solo condivisa, da suono solitario possa trasformarsi in melodia armoniosa, permettendo così di scambiare quell’ossigeno necessario per riemergere da momenti che il respiro lo tolgono.
Allora ciò che si credeva impossibile assume nuove forme, celate dietro i nostri desideri di futuro e intrecciate nelle difficoltà quotidiane, concedendoci di tornare a saper riconoscere e celebrare il bene che germoglia. Come quello di cui si fa portatore il progetto Pastificio Futuro, di cui Alberto Mochi Onori ha raccontato i primi semi e l’inizio del raccolto. «Non lasciatevi rubare la speranza!»: Pastifico Futuro nasce come risposta concreta a questa esortazione di Papa Francesco quando, nel 2013, aveva visitato il carcere minorile di Casal Del Marmo a Roma. Da qui l’idea di offtire ai giovani detenuti un percorso lavorativo e formativo e una prospettiva reale di reinserimento sociale. Il 10 novembre 2023 viene inaugurato, dunque, un laboratorio artigianale di pasta secca, per iniziativa della Cooperativa sociale Gustolibero Onlus. È la trasformazione della farina in pasta che metaforicamente diventa trasformazione personale, educazione, responsabilità; comunità e volontariato collaborano affinché questi giovani possano ricominciare, recuperare progetti di vita e sperimentare un’autentica rinascita dopo la pena.
E non è forse questa la promessa di Dio per ciascuno di noi? Vedere, conoscere e apprezzare la parte nascosta di noi stessi, perché nulla possa essere perduto di ciò che siamo, ma trasformarsi in bellezza.
Solo con la fede in questa promessa potremo trovare la forza di confrontarci con le nostre disillusioni e riscoprirci capaci di immaginare il futuro, nonostante l’incertezza intorno a noi. Consapevoli di essere stati scelti per stare dentro un’opera grande, possiamo radicarci fortemente nel nostro tempo e rielaborare la speranza come capacità di leggere il presente per portare nuova vita nei luoghi che abitiamo.