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Ritrovare insieme il cuore della democrazia

Il saluto introduttivo di Giuseppe Notarstefano all'incontro della Rete di Trieste
14 febbraio 2025 di Giuseppe Notarstefano
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È con grande gioia che porgo il mio personale benvenuto a ciascuno di voi partecipanti a questa due giorni promossa dalla Rete di Trieste. Mi fa molto piacere accogliervi in questa casa edificata grazie a una delle prime e più imponenti operazioni di fund raising della storia ad opera della Gioventù femminile di Azione cattolica guidata dalla oggi Beata Armida Barelli e che oggi accoglie, oltre ad attività di ospitalità alberghiera, gli uffici e il centro operativo dell’Azione cattolica italiana e l’archivio dell’Istituto per la storia del movimento cattolico  “Paolo VI”, la presidenza nazionale della Fuci la presidenza nazionale del Meic e la sede della Consulta nazionale delle Aggregazioni Laicali.

Ed in particolare sono molto contento di darvi il benvenuto in questa sala dedicata a Vittorio Bachelet, già presidente nazionale dell’Ac e vicepresidente del Cdm ucciso dalle Brigate rosse il 12 febbraio di 45 anni fa. Mi fa piacere condividere anche con voi il suo ricordo sapendo che la sua eredità è preziosa e importante per tutto il laicato italiano e non solo. Testimone luminoso di impegno civile nell’università e nelle istituzioni, Vittorio Bachelet fu un instancabile artigiano di dialogo e un costruttore di pace e di democrazia.

La scelta religiosa e Vittorio Bachelet

La memoria grata di tutta l’associazione lo ricorda per aver accompagnato una profonda revisione organizzativa in una fase in cui tutta la Chiesa italiana si prepara alla ricezione del Concilio Vaticano II. Iniziò così un processo complesso ancora in atto e che vede in questi mesi un importante avanzamento nell’ambito dell’esperienza del Cammino sinodale delle chiese che sono in Italia.

La scelta democratica, insieme a quella educativa e alla scelta religiosa hanno contribuito a rigenerare e ricentrare la vita associativa, purificandola da trionfalismo e collateralismo, per imprimerle una nuova capacità di formare nella e alla laicità tante generazioni di donne e uomini che hanno continuato a impegnarsi per la città e il bene comune e a dedicarsi alle comunità nei territori.

E tantissimi di voi qui oggi ne sono un frutto e una testimonianza concreta.


Azione cattolica e azione politica

La distinzione “lazzatiana” tra azione cattolica e azione politica non implica separatezza e non allude disinteresse, né prelude a disimpegno o a una pericolosa fuga intimistica. Tutt’altro! 

Essa è premessa e condizione per un’immersione profonda e intelligente nella storia e nella vita, per ritrovare nell’autenticità e nel coraggio di legami liberi e generosi, nuove espressioni di servizio e di impegno. Nuove alleanze di amicizia sociale per il Bene Comune.

Lo stile mite e rigoroso di Vittorio Bachelet, la sua lucidità nel discernere i segni dei tempi, la sua passione per una Chiesa conciliare e radicalmente evangelica, possa essere oggi di ispirazione per tutti noi nell’immaginare percorsi innovativi e profetici per prenderci realmente cura della vita democratica nel nostro Paese e della rigenerazione delle sue istituzioni. 


La rete di Trieste

Questa rete è indubbiamente uno dei frutti più interessanti della 50esima Settimana Sociale, uno dei molti processi e percorsi che il Comitato scientifico e organizzatore ha saputo preparare, attivare e che sta accompagnando con lungimiranza. Un lavoro quotidiano di formazione e animazione in stretta collaborazione anche con la Pastorale sociale e del lavoro delle diocesi italiane che in questi anni hanno saputo interpretare un percorso di ripensamento teorico e metodologico lasciandosi provocare dal magistero di papa Francesco.

Non possiamo non riconoscere né dimenticare questo lavoro, tanto faticoso quanto necessario, che in questi anni ha dissodato con pazienza e seminato con umiltà, per ritrovare la strada di un nuovo protagonismo civile e politico dei cattolici che sono in Italia, in modo appassionato e fraterno. Un capitale sociale e spirituale messo a disposizione in forme differenti e articolate nello spazio pubblico e nella vita economica e sociale per la promozione di una cultura della cura e della vita, dell’inclusione e dell’accoglienza, della partecipazione e della responsabilità al servizio della Repubblica di tutti i cittadini.

È ciò che abbiamo visto a Trieste! Permettetemi così di ringraziare ancora per questo tutti i componenti del comitato oggi rappresentati dalla professoressa Elena Granata, prima vicepresidente donna di un Comitato delle Settimane sociali; la prima – ce lo auguriamo vivamente –  di una lunga serie.



Ritrovare insieme il cuore della democrazia

Ci siamo convocati a Trieste con il vivo desiderio di ritrovare insieme il cuore della democrazia, un cuore ferito dall’autoreferenzialità e dalla cultura dello scarto, come ci ha detto il Santo Padre nel suo discorso a Trieste e che deve essere risanato «promuovendo un dialogo fecondo con la comunità civile e con le istituzioni politiche perché, illuminandoci a vicenda e liberandoci dalle scorie dell’ideologia, possiamo avviare una riflessione comune in special modo sui temi legati alla vita umana e alla dignità della persona».

Sentiamo come credenti in questo cambiamento d’epoca la necessità che «tutte le azioni siano poste sotto il “dominio politico” del cuore, che l’aggressività e i desideri ossessivi trovino pace nel bene maggiore (…) e che la volontà desideri il bene maggiore che il cuore conosce, e che anche l’immaginazione e i sentimenti si lascino moderare dal battito del cuore» come lo stesso pontefice ci spiega nella sua ultima enciclica Dilexit nos (13). Sentiamo tutti insieme il bisogno di prenderci cura della vita democratica per tendere di più verso una “democrazia ad alta intensità” che – come ha ricordato il presidente Sergio Mattarella – «si invera ogni giorno nella vita delle persone e nel mutuo rispetto delle relazioni sociali, in condizioni storiche mutevoli, senza che questo possa indurre ad atteggiamenti remissivi circa la sua qualità».


Un lavoro importante quello che è stato fatto

Guardiamo con cordialità e stima il lavoro che in questi mesi è stato portato avanti da ciascuno di voi all’interno di questa Rete e pertanto in primo luogo vorrei esprimervi il mio “grazie”. Così come, già da tempo come associazione – ma in questo ci sentiamo in compagnia e in cammino anche di tante altre aggregazioni e movimenti ecclesiali – abbiamo sentito il bisogno di esprimere gratitudine verso tutte quelle persone che hanno riconosciuto la propria vocazione a impegnarsi per il bene comune a partire da un cammino di fede e di formazione dentro i percorsi ecclesiali. Abbiamo capito di più e meglio la vostra solitudine in questi anni, la fatica di portare avanti una politica alta e di contribuire a svelenire il costante clima di scontro inaugurato dalla logica bipolare. Abbiamo capito di più e meglio il bisogno di ricostruire il patto tra cittadini e istituzioni che è al centro delle tante esperienze civiche di cui siete portatori e interpreti, e la necessità di ritrovare una concretezza ed un’azione politica che si misura con una domanda politica sempre più frammentata e difficile da percepire.

Sentiamo pertanto ancora il dovere – lo dico come associazione ecclesiale – di nutrire con specifiche esperienze formative e spirituali il vostro servizio; perché vi sentiate sostenuti nella ricerca tenace di spazi di discernimento e di confronto, per trovare vie concrete e credibili che affrontino oggi insieme le tante sfide che oggi interpellano le comunità e i territori. Anche nello Strumento di lavoro predisposto per la prossima Assemblea sinodale che si svolgerà a fine marzo, si sottolinea da parte di tutti i delegati delle diocesi e regioni italiane la necessità di «promuovere esperienze di fraternità politica e civica per migliorare la vita delle città e dei quartieri».

Rigenerare la vita democratica

Rigenerare la vita democratica vuol dire oggi più che mai mettersi in ricerca di modalità partecipative e di esperienze di cittadinanza attiva, di luoghi dove ritrovarsi e potersi parlare con franchezza e rispetto, recuperando la dialettica e il confronto come elemento necessario perché ciascuna persona possa prendere parte alla discussione pubblica.

I cristiani impegnati in politica, così, potranno concorrere in maniera significativa a innalzare la qualità della dialettica democratica, un cambiamento di cui si avverte così tanto il bisogno. Essi lo potranno fare se sapranno tradurre il pluralismo che c’è, non già in una spinta a misurare le distanze, ma in un’occasione per riscoprire il valore alto del confronto politico come strumento attraverso cui individuare il perimetro di un’agenda di questioni e sfide comuni che richiedono una rinnovata capacità non solo di cercare insieme risposte efficaci ma di maturare insieme nuove visioni di futuro. 

Narrare il bene che c’è

Non dobbiamo temere di rimetterci a pensare e a studiare, ad approfondire e sperimentare, così come non dobbiamo stancarci di narrare le tante espressioni di bene che oggi sono all’opera spesso come segno di contraddizione e seme di Speranza. E soprattutto non dobbiamo – non possiamo! – avere paura né alimentare le paure altrui, sarebbe di fatto un atteggiamento immemore della gioia del Risorto.

Di fronte alle sfide epocali che abbiamo di fronte (guerra/pace, ambiente e salute, diseguaglianze, I.A. e lavoro) emerge la difficoltà della politica di elaborare visioni lungimiranti e trovare soluzioni comuni, diventa necessario dar vita a una nuova narrazione (Sergio Mattarella), cominciando da quella della ricostruzione di istituzioni giuste capaci di custodire e garantire la pace tra i popoli riducendo le disuguaglianze economiche e sociali attraverso politiche pubbliche che focalizzino di più la centralità della persona e il primato delle relazioni. 

Come associazioni ecclesiali abbiamo sentito il bisogno di ritrovarci ed esprimere un giudizio comune su tali grandi questioni, elaborando due documenti sulla urgenza della Pace e sulla necessità di riforme costituzionali condivise, documenti che abbiamo voluto offrire come nostro contributo a questo lavoro corale che sono le Settimane Sociali: vi confermiamo che vogliamo continuare in questo percorso che sta maturando nell’ascolto sincero, nella stima reciproca e nell’amicizia.

Urgente una nuova fraternità necessaria

Sono convinto personalmente che in ciò siamo incoraggiati dallo stile sinodale a cui tutta la Chiesa oggi si sente chiamata. Ci è vitale (urgente o rapida se volete!) una nuova fraternità necessaria per riprendere con coraggio itinerari di dialogo e di confronto a ogni livello istituzionale e civile.

Ai laici cristiani è chiesto un lavoro culturale e artigianale di intreccio e di tessitura in un contesto fortemente polarizzato, attraversando la complessità che c’è e che non può essere ridotta o banalizzata per appagare le esigenze di una comunicazione che tende a semplificare e a mettere continuamente in scena lo scontro. La buona politica, la politica con la P maiuscola, deve ritrovare la sapienza di abitare quello spazio storico che si contende l’immediatezza di risposte concrete e il tormento di soluzioni migliori o impossibili. Siamo chiamati ad assumere una postura generosa e disinteressata, con la gioia spirituale di partecipare a un lavoro di costruzione di un noi più grande.

Cominceremo così dal basso e caso per caso, lottare per ciò che è più concreto e locale, fino all’ultimo angolo della patria e del mondo (Fratelli Tutti, 78).

Buon incontro a tutti e ciascuno.

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