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L’artigianato della pace

La Dichiarazione Schuman (9 maggio 1950): agli albori dell’Europa unita

L’artigianato della pace

La Dichiarazione Schuman (9 maggio 1950): agli albori dell’Europa unita
9 maggio 2025 di Edoardo Zin | No comments yet

L’Europa non è stata fatta ed abbiamo avuto la guerra». Così Robert Schuman concludeva la sua celebre dichiarazione con cui proponeva ai Paesi interessati di “mettere assieme” la produzione dell’acciaio e del carbone – di cui era ricco il sottosuolo di parte della Francia, della Germania e del Belgio – materie essenziali per costruire armi di guerra. Il possesso di queste preziose risorse era stato la causa della guerra franco-prussiana e di due guerre mondiali (L’artigiano della pace è stato pubblicato nel numero di Segno nel mondo tabloid uscito lo scorso 25 aprile.

Chi era Robert Schuman

Robert Schuman proveniva da una di queste regioni, la Lorena, francese in origine, tedesca dopo il trattato di Francoforte (1871), ritornata a essere francese al termine della Prima guerra mondiale, ma invasa nuovamente vent’anni dopo dalle truppe naziste e di nuovo rientrata francese dopo la Seconda guerra mondiale. Schuman era stato eletto deputato nel 1919. Durante l’occupazione tedesca subirà il carcere, otterrà la detenzione coatta, ma furtivamente evaderà e si darà alla macchia, raggiungerà la Francia libera, sarà ricercato dalla Gestapo e, a guerra terminata, sarà rieletto deputato incaricato di assumere il ministero delle Finanze; successivamente diverrà presidente del Consiglio.

Alla Francia uscita dal dramma della guerra e a molti benpensanti sembrava che Schuman non fosse adatto a questo incarico, ma fu proprio questo incarico che trasformò Schuman da sconosciuto uomo politico a significativo statista.

Nei successivi governi, nel clima teso del dopoguerra, sarà nominato ministro degli Esteri. Il suo cruccio è quello di assicurare la pace in Europa. È deciso a far rientrare la Germania nel novero delle nazioni democratiche. Gli americani lo appoggiano, gli inglesi tentennano. In Francia l’opinione pubblica ricorda ancora le tragedie perpetrate dai nazisti, l’Assemblea nazionale ne è lo specchio, divergenze ci sono all’interno dello stesso governo.

Schuman è determinato, è realista, ma prudente nel creare tra Francia e Germania un nuovo spirito di collaborazione. La sua non è cautela, incapacità di rischiare, ma conoscenza della realtà pratica. È umile, semplice, ma non sempliciotto, dolce, ma non sprovveduto, dialogante, ma non arrendevole nei suoi principi, mite, ma non buonista, mediatore e non intermediario.

Chiedere perdono

La prima tappa necessaria per raggiungere la riconciliazione tra i due Paesi, rivali da sempre, è chiedere perdono. Lui, ministro di un Paese vincitore, tende la mano al Paese vinto e decide di fare una visita ufficiale a Bonn, allora capitale della Repubblica federale tedesca, cosciente che questa visita si svolgerà in un clima ostile.

Schuman è fischiato, ingiuriato, offeso, ma rientra a Parigi più determinato che mai a portare a termine il suo progetto di pace. Tra i suoi collaboratori c’è Jean Monnet, uno scaltro tecnocrate prestato alla politica. A lui Schuman dà l’incarico di stendere un piano per mettere in comune la produzione di carbone e ferro e dare così inizio a una Comunità europea del carbone e dell’acciaio.

Monnet redige la bozza del piano con altri collaboratori del ministro nel marzo del 1950 e la sera del 28 aprile la bozza viene consegnata a Schuman, che la leggerà, vi apporrà correzioni nella quiete della sua dimora a Scy-Chazelles durante il fine settimana.

Lunedì 8 maggio Schuman rientra a Parigi e al suo capo di Gabinetto dirà: «L’ho letta e la farò mia!» e dà un ordine preciso: il progetto deve restare strettamente segreto. Per porre le fondamenta di un’opera così importante occorre non sbandierarla, ma studiarla, meditarla e custodirla nel cuore. 

L’Europa di Schuman

Bisogna fare presto, prima che il 10 maggio inizi a Londra la conferenza di tutti gli alleati con all’ordine del giorno “la questione tedesca”.

Schuman confida la sua iniziativa a due colleghi per avere il loro appoggio durante il Consiglio dei Ministri. Informa anche in modo molto vago il segretario di Stato che, diretto a Londra, fa scalo a Parigi, invia un suo consigliere diplomatico a Bonn per informare il cancelliere Adenauer, che nelle sue Memorie scriverà: «Risposi senza indugio a Schuman che approvavo dal profondo del cuore la sua iniziativa».

Nel tardo pomeriggio di martedì 9 maggio, nella sala dell’Orologio del Quai d’Orsay, la voce monocorde di Schuman risuona davanti a più di duecento giornalisti di tutto il mondo convocati frettolosamente. “L’umile artigiano di pace” annuncia che la costruzione di basi comuni per lo sviluppo economico, seguito da una solidarietà di fatto e con istituzioni sovrannazionali, sono solo mezzi per giungere a ciò che è essenziale: assicurare la pace all’Europa.

Questa è l’Europa voluta da Schuman, che non ha previsto l’avvenire, ma lo ha preparato, donando agli europei d’oggi la pace. Oggi siamo chiamati a vigilare come sentinelle per salvaguardare la pace con l’eroismo della fraternità, della libertà creatrice, della speranza e con sforzi caparbiamente determinati.

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