Il giorno della sua elezione papa Leone XIV, davanti a una Piazza san Pietro gremita di fedeli, ha dato inizio al suo pontificato, pronunciando un discorso incentrato sul tema della pace. Riflettendo con attenzione sulle prime parole del papa, risulta evidente che non si tratta di un semplice saluto di circostanza, legato alla solennità del momento, ma di un saluto che trova la sua collocazione nel cuore stesso della fede cristiana, cioè nel mistero pasquale della passione, morte e risurrezione di Gesù. Si tratta, infatti, del «primo saluto del Cristo risorto», che appare agli apostoli disorientati e spaventati a causa della sua morte in croce, per donare loro «una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante».
Queste parole riecheggiano ancora nella nostra mente e nel nostro cuore, sia perché riaccendono in noi il ricordo delle emozioni per l’elezione di papa Leone, sia perché ci aiutano a prendere coscienza che la vera pace non è solo disarmata, ma anche disarmante, umile e perseverante. Si tratta di parole che assumono un valore programmatico, capace di orientare e guidare le relazioni umane a tutti i livelli: da quelle personali, alle relazioni sociali e istituzionali.
La necessità di perseguire la pace attraverso il dialogo
Nello stesso tempo le parole del papa richiamano la nostra attenzione su una figura straordinaria, che ha fatto della pace disarmata e disarmante, uno dei pilastri della propria vita, dimostrando che si può perseguire la pace con umiltà e perseveranza: san Francesco d’Assisi. Diversi sono i momenti della sua vita, carichi di significato simbolico, dai quali si evince l’impegno di san Francesco nel perseguire la pace: dal celeberrimo lupo di Gubbio, ai diavoli che portavano discordia tra gli abitanti di Arezzo, senza dimenticare l’impegno del santo nel riportare la pace tra il podestà di Assisi e il vescovo.
Tuttavia, tra tutti gli avvenimenti della sua vita segnati da questo impegno, quello più conosciuto è senza dubbio l’incontro con il sultano d’Egitto, al-Malik al-Kamil, avvenuto nel 1219, nel contesto della quinta crociata. Difficile immaginare il colloquio tra san Francesco e il sultano: certo è che il santo fu accolto e ascoltato e tale incontro non perde mai la sua attualità, perché ci pone di fronte alla necessità di perseguire la pace attraverso il dialogo.
Ogni guerra è una sconfitta per l’umanità
Questa via è oggi più che mai necessaria, soprattutto alla luce della storia più recente e delle guerre attualmente combattute in diverse aree del pianeta. Ogni guerra, conosciuta o sconosciuta che sia, è una sconfitta per l’umanità e suscita profondi interrogativi: alla luce dello sviluppo e della cultura che abbiamo alle spalle, come è possibile retrocedere all’uso delle armi, invece di avanzare nella via del dialogo? Perché ritornare agli scenari di distruzione delle nostre città, che sembravano ormai un ricordo del passato? Come può la coscienza umana tollerare la visione di migliaia di adulti e bambini che cercano disperatamente un po’ di cibo e porteranno un segno indelebile della violenza e della guerra nelle proprie coscienze per tutta la vita?
Perseguire la pace non è un semplice obiettivo filantropico, ma qualcosa di profondamente radicato nel cuore stesso della fede cristiana. Se Cristo risorto, fondamento della nostra fede, ci dona la sua pace, allora il cristiano non può essere da meno, non può evitare di impegnarsi per raggiungere questo obiettivo: non con la forza o con le armi, ma con umiltà e perseveranza, consapevoli che una pace disarmata, come ci insegnano san Francesco e papa Leone, è la sola in grado di disarmare il cuore e le mani.