Con la proposta di istituire un Ministero della pace, l’Azione cattolica italiana, la Comunità Papa Giovanni XXIII e le Acli – in quanto associazioni organizzatrici – si trovano il 24 giugno a Roma, insieme alle associazioni partner della Campagna “Ministero della pace”. Tema della reunion: creare istituzioni più serie, ordinamenti più giusti, strutture più solidali (Fratelli tutti). Un momento intenso di riflessione ma anche di proposte concrete che vedrà riuniti allo stesso tavolo Francesco Occhetta, Sandra Sarti, Laila Simoncelli, coordinatrice della Campagna, Michele Nicoletti, e ancora i tre presidenti delle associazioni organizzatrici. Una tavola rotonda nel pomeriggio poi dialogherà su Ripensare, in modo coordinato, le politiche per la pace: tre i focus, giustizia riparativa, cooperazione e diritti umani, per finire alla difesa civile non armata e non violenta. In questo articolo, il direttore dell’Istituto di diritto internazionale della pace Giuseppe Toniolo, esprime il contorno ideale e giuridico dell’iniziativa.
Giuseppe Dossetti, negli anni dell’Assemblea costituente, ripeteva che la Costituzione aveva voluto edificare una “democrazia sostanziale” che non si fermava all’enunciazione dei diritti, ma che impegnava la Repubblica a loro rispetto; una democrazia politica, economica e sociale, non meramente elettorale; una democrazia capace di rimuovere le condizioni che impediscono il pieno sviluppo della personalità. In questa visione complessiva della democrazia si coglie il legame inscindibile con la pace: come sottolineò l’on. Amerigo Crispo, durante i lavori della Costituente, l’utilizzo della guerra per risolvere le dispute internazionali «ripugna al sentimento democratico» (puoi leggere Istituire un ministero della pace e tutti gli articoli dedicati alla pace nel numero di Segno su Avvenire del 10 giugno).
L’art. 11 della Costituzione
L’art. 11 della Costituzione indica la via maestra: ripudiare la guerra e ammettere solo – e come extrema ratio – un conflitto armato di difesa; rinunciare alla sovranità, prerogativa fondamentale dello Stato moderno, al fine di edificare un ordinamento internazionale giusto e pacifico. Si tratta di un articolo che, pur contenendo varie proposizioni, non è separato in commi, perché offre una prospettiva complessiva delle relazioni internazionali e della proiezione della democrazia sostanziale oltre lo Stato. L’art. 11 impone l’estroflessione del progetto di democrazia sostanziale, proiettandolo oltre i confini nazionali e facendolo divenire proposito di vita dei e tra i popoli.
Poste queste premesse, è facile intuire come la creazione di un Ministero della pace sia un’esigenza imprescindibile per attuare il principio pacifista. Mi limito a indicare tre ragioni di questa necessità costituzionale.
Una sede istituzionale: istituire un Ministero della pace
L’art. 11 Cost. non solo ripudia la guerra e consente le limitazioni di sovranità, ma pretende che siano create le condizioni perché la guerra sia eliminata e perché si possa instaurare un ordinamento fondato sulla giustizia e improntato alle relazioni pacifiche tra i popoli. Questo progetto trasformativo ha bisogno di trovare una sede istituzionale. La proposta di istituire un Ministero ad hoc significa impegnare la responsabilità politica del Governo per l’attuazione di programmi di pace e, conseguentemente, affidare al Parlamento strumenti di indirizzo e controllo. Con un Ministero apposito si potrebbe portare al centro dell’indirizzo politico e del dibattito parlamentare il tema della pace, al fine di presentare e far vagliare ai cittadini le politiche di pace, così rilevanti per la democrazia e strategiche per la collocazione internazionale della nostra Repubblica.
La vocazione pacifista della Costituzione
In secondo luogo, bisogna riconoscere l’insufficienza dell’attuale organizzazione ministeriale ad adempiere alla vocazione pacifista della Costituzione. La pace non è solo porre fine alla guerra, ma soprattutto accompagnare i conflitti senza farli tramutare in violenza e creare le condizioni di giustizia per evitare l’insorgere di nuove ostilità. Se questo è il disegno di pacificazione della nostra Costituzione, non possiamo che considerare carenti le deleghe e i progetti frazionati e spezzettati dei diversi Ministeri. La cooperazione internazionale, il dialogo bilaterale e multilaterale, la promozione dei diritti umani, la difesa civile della Patria, le politiche di disarmo, l’educazione alla non violenza: sono tutti pezzi di un “puzzle” istituzionale che, oggi più che mai, deve trovare un coordinamento unitario.
Promuovere la vitalità sociale
Infine, istituire un Ministero della pace renderebbe visibile e coordinato l’impegno – politico e sociale – che già migliaia di organizzazioni portano avanti nel nostro Paese. Sono centinaia i progetti istituzionali e sociali di pace che sono nati in Italia, che hanno trovato un riconoscimento internazionale e che hanno attuato, nei fatti e con gratuità, il progetto costituzionale di pacificazione. In una logica sussidiaria, è necessario che la Repubblica sostenga e promuova la vitalità sociale e che, inoltre, possa coordinare le istituzioni pubbliche e private in un sempre più integrato sviluppo delle politiche di pace. Promuovere la pace, infatti, significa organizzarla, rendere trasparenti le attività finalizzate al suo perseguimento, dotare di risorse stabili i progetti di pacificazione.
La pace è un progetto di democrazia e necessita di trovare un luogo istituzionale deputato al suo perseguimento. È un progetto delicato che necessita di cura e coordinamento e il cui consolidamento, di fronte alle attuali e gravi violazioni del diritto internazionale, è oggi ineludibile e improcrastinabile.