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Il volto umano di una crisi lunga e silenziosa

Povertà in Italia. I dati del Rapporto statistico nazionale Caritas 2025
17 giugno 2025 di Antonio Martino
Il volto umano di una crisi lunga e silenziosa cover image

Nel 2024 sono state 277.775 le persone – famiglie intere, in realtà – accolte dai centri della rete di Caritas italiana su tutto il territorio nazionale. Un dato che da solo basterebbe a restituire il peso e la profondità del disagio sociale in Italia, ma che è solo la punta di un iceberg: queste cifre, infatti, non rappresentano la totalità del bisogno, ma solo quello intercettato dalla parte informatizzata della rete Caritas, attiva in 204 diocesi (il 92,7% del totale).

Si tratta di una fotografia ampia e dettagliata, quella presentata dal Report “La povertà in Italia” di Caritas, scattata attraverso l’attività di 3.341 servizi, in gran parte centri di ascolto (90,5%), ma anche mense, empori solidali, centri di distribuzione e servizi di prossimità. È un sistema che parla di ascolto paziente, fiducia reciproca e accompagnamento. Non solo dati, ma volti. Non solo statistiche, ma storie.

Un Paese più povero: +62,6% di richieste a Caritas in dieci anni

Negli ultimi dieci anni il numero delle persone sostenute da Caritas italiana è aumentato del 62,6%, con incrementi più significativi nel Nord Italia (+77%) e nel Mezzogiorno (+64,7%). Si conferma, dunque, un’espansione geografica della povertà, che oggi tocca territori un tempo considerati più solidi. Secondo l’Istat, dal 2014 al 2023 le famiglie in povertà assoluta sono cresciute del 42,8%; in alcune regioni del Nord, addirittura del 97,2%.

A preoccupare è soprattutto la “povertà che lavora”. Quasi una persona su quattro tra gli assistiti Caritas ha un’occupazione (23,5%), ma insufficiente a garantire una vita dignitosa. Tra i 35 e i 54 anni – la fascia teoricamente più attiva e produttiva – il lavoro non basta: il 30% degli utenti in questa fascia d’età è occupato ma povero. È il fallimento del paradigma che considerava il lavoro come garanzia automatica di inclusione.

La povertà invecchia

L’età media degli assistiti ha raggiunto i 47,8 anni. Colpisce l’aumento degli over 65: erano appena il 7,7% nel 2015, oggi sono il 14,3% del totale – e ben il 24,3% tra gli italiani. In valore assoluto, si è passati da 14.689 anziani sostenuti a oltre 39mila in meno di dieci anni. Un dato che mostra con evidenza quanto la solitudine e l’insufficienza delle pensioni minime stiano diventando emergenze strutturali.

Nel frattempo, si riduce il numero di “nuovi poveri” (37,7% nel 2024, contro il 45,3% del 2022), mentre cresce la fascia di chi vive situazioni di disagio cronico: il 26,7% degli utenti è seguito da più di cinque anni. In regioni come la Toscana, questa percentuale supera il 43%. La povertà non è più un passaggio, ma una condizione che si stabilizza.

I volti della povertà assistita da Caritas: stranieri, donne, famiglie con minori

Più della metà degli assistiti Caritas è di cittadinanza straniera (56,2%), con punte superiori al 60% nel Nord Italia. Le principali provenienze sono: Marocco, Perù, Romania, Ucraina, Nigeria e Tunisia. Oltre 150mila persone provengono da 180 Paesi diversi, e si registra un incremento delle richieste da parte di cittadini peruviani e marocchini. Tra le donne straniere, moltissime sono impiegate nel lavoro domestico e di cura, settori spesso sommersi e precari.

Il 50,4% degli assistiti è donna. Le famiglie con figli minori rappresentano il 52,6% del totale, ossia più di 146.000 nuclei, il che equivale ad almeno altrettanti minori in situazione di privazione. È questo il dato che dovrebbe maggiormente scuotere le coscienze: nascere in povertà significa essere condannati a rimanervi. L’Italia, in Europa, detiene uno dei più alti tassi di trasmissione intergenerazionale della povertà: il 34% degli adulti oggi a rischio proviene da famiglie povere.

Il disagio abitativo e sanitario

Tra le principali emergenze segnalate dalla rete Caritas vi sono quelle legate alla casa e alla salute. Una parte significativa degli utenti non dispone di un’abitazione stabile o è a rischio sfratto. Parallelamente, aumentano le vulnerabilità sanitarie: patologie gravi, malattie croniche, problemi di salute mentale, spesso non adeguatamente seguiti dal sistema pubblico. Due ambiti – casa e sanità – che il rapporto definisce senza mezzi termini come “emergenze sociali”.

Istruzione e lavoro: un circolo vizioso

Quasi il 70% degli assistiti ha un livello di istruzione pari o inferiore alla licenza media. Il 5% è laureato. Una società che non investe seriamente nell’istruzione si condanna a riprodurre le proprie disuguaglianze. E il mercato del lavoro, oggi, non basta a correggere le diseguaglianze: nel 2024, secondo l’Istat, il 21% dei lavoratori italiani ha un reddito insufficiente.

Nel 2007, i disoccupati erano il 66,4% degli utenti di Caritas italiana, oggi sono il 47,9%, mentre gli occupati sono passati dal 15% al 23,5%. In molti casi si tratta di lavori a tempo parziale, irregolari, malpagati. Lavoro che impoverisce anziché emancipare.

Caritas: una rete che ascolta, accompagna e costruisce speranza

Il valore aggiunto del modello Caritas non è solo nell’efficacia dell’intervento, ma nel metodo. L’ascolto lungo, paziente, capillare; la fiducia come base della relazione; l’impegno delle comunità locali – in particolare dei centri parrocchiali, che oggi costituiscono oltre la metà della rete – che si fanno carico delle fragilità. Nel 2024 sono stati oltre 24mila gli interventi di tutela dei diritti, e più di 25mila le situazioni in cui Caritas italiana ha lavorato in rete con enti pubblici, parrocchie, associazioni e terzo settore.

Una domanda che resta aperta

“Sentinella, quanto resta della notte?” (Is 21,11). Con queste parole del profeta Isaia, don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana, apre il Report. È una domanda che attraversa ogni pagina e interpella ciascuno: Chiesa, istituzioni, cittadini. Perché la notte è ancora lunga, ma non è invincibile. Le comunità locali, i volontari, le parrocchie, i centri di ascolto continuano a essere “sentinelle del mattino”.

Non basta assistere: è tempo di agire. Non serve solo contare i poveri, ma cambiare le condizioni che generano povertà. Rimettere al centro le persone, difendere il bene comune, riformare il welfare, promuovere una cultura dell’inclusione.

La povertà in Italia è reale, crescente, stratificata. Ma può essere affrontata. A patto di voler vedere. A patto di non girarsi dall’altra parte.

Fuori campo, ma al centro della nostra coscienza
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