Ci sono vite che restano ai margini dell’inquadratura pubblica, come sagome sfocate ai bordi di una scena troppo veloce e troppo rumorosa per accorgersi di loro. Il Rapporto Caritas 2025, “Fuori campo. Lo sguardo della prossimità”, (qui una sintesi) prova a restituire nitidezza proprio a quelle esistenze che rischiano di scomparire. E lo fa nel tempo più opportuno: la nona Giornata mondiale dei poveri e il Giubileo a loro dedicato, quando la Chiesa viene invitata – ancora una volta – a misurare se stessa sul metro del Vangelo degli ultimi.
I numeri sono più che preoccupanti e in crescita. Secondo la Caritas, in Italia la povertà assoluta coinvolge il 9,8% della popolazione, oltre 5,7 milioni di persone e 2,2 milioni di famiglie, un aumento di oltre il 40% in dieci anni. Colpisce i minori, travolge lavoratori che pure hanno un’occupazione ma non più un reddito sufficiente a garantire dignità. Il lavoro, che dovrebbe essere argine e promessa, troppo spesso si rivela un fragile galleggiante.
La povertà non è più solo questione di reddito
Ma ciò che più inquieta, nelle pagine del Rapporto, non è soltanto la crescita delle fragilità economiche. È la loro sovrapposizione. Nelle 277.775 famiglie incontrate dai servizi Caritas nel 2024, più di una persona su due sperimenta almeno due forme di disagio: economico, abitativo, relazionale, educativo, sanitario, psicologico. La povertà, insomma, non è una condizione da misurare con un reddito o una bolletta. È un groviglio che avvolge le persone e le comunità. Un nodo che stringe corpo e mente, lavoro e affetti, solitudini e scoraggiamenti.
Ecco il cuore del “fuori campo”: l’intreccio tra la scarsità materiale e quella emotiva, tra l’assenza di risorse e l’erosione della fiducia, tra la precarietà del portafoglio e quella delle relazioni. La povertà oggi logora anche lo sguardo che ciascuno ha su di sé. Perché se si perde il lavoro, spesso si perde anche un pezzo di identità; se si fatica a pagare una bolletta, cresce un senso di fallimento che non è mai soltanto contabile.
I “fuori campo” che attraversano la nostra quotidianità
Il Rapporto non si limita a fotografare. Allarga la lente verso quei “fuori campo” che attraversano la nostra quotidianità: la dipendenza dall’azzardo industriale di massa, che sottrae tempo, risorse e serenità soprattutto ai più fragili; la violenza contro le donne, che genera impoverimento e isolamento; la povertà energetica, che rende impossibile per oltre due milioni di famiglie riscaldare la casa o sostenere le bollette. Ferite differenti, ma con lo stesso esito: un rallentamento del vivere, un indebolimento del tessuto relazionale, un senso di marginalità che scava dentro.
Don Pagniello: “Le pietre di scarto attendono di diventare testate d’angolo dell’agenda politica e pastorale”
«Guardare in controluce i dati», invita don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana, significa riconoscere nelle biografie ferite quelle «pietre di scarto» che «attendono di diventare testate d’angolo dei nostri piani pastorali, cuore dell’agenda politica, punto di partenza delle molteplici dimensioni che definiscono il nostro vivere comune».
È un appello che non riguarda solo le politiche sociali o la pastorale ecclesiale, ma ciascuno di noi. Perché la povertà multidimensionale non si affronta con soluzioni unidimensionali. Richiede prossimità, alleanze educative, politiche del lavoro e dell’abitare, cura psicologica accessibile, comunità che non si arrendono all’indifferenza.
Il Rapporto Caritas 2025 ci ricorda che nessuno si salva da solo, e che una società attenta agli ultimi è una società più sana per tutti. Riportare al centro ciò che oggi resta fuori campo è il primo passo per ricucire un Paese che non può permettersi di lasciare indietro chi fatica.
Ripartire dagli ultimi, come chiede Caritas, non è un gesto di generosità: è un criterio di umanità. È la scelta, profondamente evangelica e profondamente civile, di guardare in faccia la realtà e non distogliere lo sguardo. Perché nell’ombra di chi sopravvive, spesso, si misura la luce autentica della nostra convivenza.