Tra i momenti salienti dell’anno santo, spicca il Giubileo dei migranti e del mondo missionario, un evento che incarna la visione inclusiva e misericordiosa del pontificato di papa Francesco. La scelta di dedicare uno spazio specifico ai migranti non è solo una risposta alle emergenze globali, ma un atto profondo di fede, che affonda le sue radici nei valori biblici e nel magistero sociale della Chiesa. L’attenzione alle sfide globali della contemporaneità con questo Giubileo diventa un percorso di conversione. La migrazione, con i suoi drammi e le sue speranze, sarà al centro del Giubileo dei migranti, un evento che vuole restituire dignità a chi spesso è vittima di pregiudizi, sfruttamento e marginalizzazione.
Una celebrazione universale
Sarà una celebrazione universale dato che l’evento non si limiterà a Roma, ma coinvolgerà diocesi e comunità cattoliche in tutto il mondo. Pellegrinaggi, momenti di preghiera, eucaristie multilingue e incontri di dialogo tra culture saranno al centro delle celebrazioni. Le basiliche papali diventeranno luoghi di accoglienza per i pellegrini, con un’attenzione particolare ai migranti e alle loro famiglie, molti dei quali arriveranno in rappresentanza delle comunità di accoglienza.
Il ruolo profetico
Il Giubileo dei Migranti, pur nella sua portata spirituale, non sarà privo di tensioni. Viviamo in un’epoca segnata da polarizzazioni, in cui il tema delle migrazioni spesso divide l’opinione pubblica e alimenta sentimenti di paura. La scelta della Chiesa di celebrare un Giubileo dedicato ai migranti potrebbe incontrare critiche, ma è anche un’opportunità per riaffermare il suo ruolo profetico. La Chiesa non si limita a denunciare le ingiustizie; si impegna attivamente per cambiarle, attraverso iniziative di accoglienza, supporto e sensibilizzazione.
Ero straniero e mi avete accolto
Sin dall’inizio del suo pontificato, papa Francesco ha fatto dell’accoglienza e della misericordia il cuore del suo messaggio. Il Giubileo dei migranti rappresenta una prosecuzione naturale di questa missione. Con gesti simbolici e parole potenti, il Pontefice ha costantemente richiamato l’attenzione sulle condizioni disumane in cui vivono milioni di persone costrette a lasciare le proprie case a causa di guerre, persecuzioni, disastri ambientali e povertà. La frase evangelica, «ero straniero e mi avete accolto» (Mt 25,35), è diventata un pilastro del suo insegnamento. Il Giubileo dei migranti è un richiamo alla responsabilità collettiva: un invito rivolto a governi, comunità locali e singoli cittadini a costruire una cultura dell’incontro, capace di abbattere muri e pregiudizi.
In questo contesto, il Giubileo dei migranti sarà un’occasione per rileggere la migrazione attraverso il prisma della spiritualità, riconoscendo nei viaggiatori di oggi il volto del Cristo sofferente. Come ha spesso ricordato papa Francesco, «ogni migrante è una testimonianza viva di speranza».
La testimonianza di Fardusa
E una testimonianza viva di speranza è quella di Fardusa, donna somala che ha vissuto una vita di rincorsa alla speranza: «Il mio nome in somalo significa “paradiso”, ma sono nata nell’inferno di una guerra senza fine. Non so come fosse la vita prima della guerra.
Da bambina mi sembrava di stare in un film, le bombe che esplodevano al mercato e i proiettili che viaggiavano velocissimi, mi sembravano tutti degli effetti speciali messi in scena da un regista. La guerra però non l’ho vissuta attraverso uno schermo, ce l’ho scritta tutta sul mio corpo. Ho deciso di partire, di lasciare per sempre la Somalia, in cerca di pace.
Il giorno in cui ho salutato per l’ultima volta i miei genitori è stato il giorno più difficile della mia vita, perché non sapevo se li avrei più rivisti. Durante il viaggio ho attraversato molti Paesi: Kenya, Uganda, Sud Sudan, Sudan e Libia».
«Ci hanno fatto viaggiare chiusi al buoi in un furgone»
«Eravamo in 30 quando siamo entrati nel deserto. I miei occhi vedono ancora la disperazione di chi, dopo ogni passo, sapeva che non ce l’avrebbe fatta. Ci hanno fatto viaggiare chiusi al buio in un furgone, con le mani e i piedi legati con delle funi per non farci scappare.
In Libia ci hanno tenuto in una piccola stanza senza cibo né acqua per giorni in attesa di farci partire per attraversare il mare. Quando ho visto quella piccola barca ho avuto paura, volevo tornare indietro. All’improvviso mi hanno costretta a scegliere tra una morte certa e una fine probabile.
Dopo poche ore di viaggio il motore della barca si è rotto. Siamo rimasti in mare per cinque interminabili giorni. Sento ancora il sapore della salsedine di quel mare che a ogni onda si fa sempre più immenso. Volevo tornare indietro, volevo tornare nella mia terra insanguinata ma che profumerà sempre di casa; volevo tornare dalla mia famiglia per non morire da sola senza radici in un mare che non perdona. Ci ha soccorso la Guardia costiera italiana. Quando, finalmente, i miei piedi hanno toccato terra, una nuova luce si è accesa dentro di me, la luce di chi sa che c’è ancora strada da percorrere».
Le migrazioni sono una risorsa
In questa storia, raccolta all’interno delle testimonianze del Centro Astalli di Roma, si percepisce tanta sofferenza ma anche un feroce senso di appartenenza alla vita alimentato dalla speranza di un posto migliore. Lungi dall’essere solo una crisi, la migrazione è anche una risorsa. I migranti portano con sé competenze, cultura e un desiderio di futuro che arricchisce le società ospitanti. Il Giubileo vuole celebrare proprio questa dimensione positiva, mostrando come l’accoglienza reciproca possa generare solidarietà e crescita. Il Giubileo dei migranti è un appello alla coscienza globale: in un mondo segnato da conflitti, divisioni e disuguaglianze, rappresenta una luce di speranza, un momento per riscoprire il senso profondo dell’umanità condivisa.
La Chiesa cattolica, fedele alla sua missione, invita tutti – credenti e non – a unirsi in questo pellegrinaggio di speranza, costruendo insieme un futuro in cui nessuno sia escluso. Come ricorda papa Francesco: «Siamo tutti sulla stessa barca, e il dolore di uno è il dolore di tutti». In definitiva, il Giubileo dei Migranti non è solo un evento per i migranti, ma un’occasione per l’intera umanità di ritrovare la sua vocazione più autentica: essere una comunità di fratelli e sorelle, pellegrini insieme verso un futuro di pace e giustizia.